Per gli occidentali parlare di intelligenza riconduce immediatamente alla capacità di “pensare” razionalmente, a volte richiama l’istruzione e, sempre più spesso, l’avanzamento tecnologico che già oggi ma sicuramente su larga scala domani, è interpretato da macchine, non ultime i robot, l’intelligenza artificiale. In ogni caso l’occidente colloca l’intelligenza nel territorio di ciò che porta l’uomo a costruire e decidere ma soprattutto governare e controllare. Per culture lontane dalle nostre come quelle orientali e di gran parte degli altri continenti (la parte culturalmente più antica e vicina alla natura) l’intelligenza è “qualcosa” che non riguarda qualcuno in particolare, non è territorio di nessuno né tantomeno le si possono attribuire caratteri e contenuti ben precisi.

L’intelligenza  è qualcosa di molto più grande che sta dentro e fuori di noi. E’ l’intelligenza dell’universo che attraversa tutto e tutti ed in cui ogni essere animato ed inanimato è immerso. Una specie di corrente che porta in unica direzione nella quale possiamo decidere (solo questo noi esseri umani possiamo fare!) di andare, oppure che possiamo decidere di contrastare scegliendone una diversa. 

Nel secondo caso, in cui decidiamo di non andare nella direzione dell’intelligenza universale compiamo quelli che la Medicina Ayurvedica chiama “errori dell’intelletto”. E’ percorrendo questa strada che attimo dopo attimo, nei giorni e poi negli anni creiamo cattive abitudini, le trasformiamo in comportamenti radicati, arriviamo a chiamarli tradizioni fino a confezionare con precisione chirurgica le nostre infelicità, le malattie del corpo, della mente e dell’anima. E facciamo tutto questo con grande sforzo ed impiego di energie. La legge universale del minimo sforzo prevede invece che se semplicemente entriamo nel flusso del sapere che permea e guida il mondo e la vita e lo seguiamo con fiducia e collaborazione, si riduce al minimo la possibilità di errore. Ciò significa che stiamo percorrendo la via della salute e della vita. Occorre spogliarsi della rigidità indotta da tradizioni e abitudini non naturali e seguire  indicazioni e comportamenti in linea con la vita. Sappiamo che gli alberi più grandi, forti e rigidi sono quelli che in caso di tempesta si spezzano facilmente, mentre un flessibile giunco, solo apparentemente più debole, nella tempesta si piega per poi rialzarsi e continuare a vivere. A volte siamo come gli alberi più grandi e rigidi, concentriamo l’attenzione sul sostenere idee ed abitudini alimentari anche quando sono visibilmente nocive semplicemente perché ci sentiamo attaccati nelle nostre certezze, per aver ragione. Se invece riusciamo a spostare lo sguardo e portarlo in una direzione che includa la vita e la natura, accettando cambiamenti favorevoli al benessere e alla salute allora, liberati dalla fatica di comportamenti difensivi, veniamo ripagati dalla consapevolezza che l’intelligenza della natura agisce in noi e dalla gratificante sensazione di appagamento e felicità del corpo e della mente.

Maria F. Rummele

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